Con il passare del tempo, sono sempre di più i metodi che i debitori utilizzano per non essere perseguibili e per non incorrere nelle (lecite) pretese dei creditori. Ecco perché il recupero crediti diventa ogni giorno più difficile ed è necessario che i professionisti mettano in atto delle strategie evolute ed avanzate. Purtroppo a volte si è costretti a ricorrere alla cosiddetta esecuzione forzata, che in questi ultimi tempi può prevedere anche il pignoramento dei beni immateriali (come ad esempio marchi e brevetti). In Italia sul tema della tutela, difesa e valorizzazione dei diritti di proprietà intellettuale vige il Codice della proprietà industriale (CPI), emanato con Decreto Legislativo del 10 febbraio 2005, n. 30, che ha introdotto nel sistema italiano una disciplina organica e strutturata su tale materia.

L’articolo 137 del CPI introduce una disposizione molto interessante per chi viene coinvolto nell’azione della riscossione dei crediti: infatti viene previsto che “i diritti patrimoniali di proprietà industriale possano formare oggetto di esecuzione forzata”. In linea generale si applicano anche a tale procedura speciale le norme del codice di procedura civile per l’esecuzione sui beni mobili presso il debitore, salve le eccezioni specificatamente previste dalla norma.

In breve, l’esecuzione andrà fatta con la notifica di un verbale di pignoramento eseguita dall’ufficiale giudiziario competente nel luogo di residenza del debitore. L’atto dovrà indicare, sia i dati del debitore, quindi nome, cognome o denominazione, residenza e domicilio, sia il nome del creditore e dell’ufficiale giudiziario che opera, sia la dichiarazione di pignoramento del titolo/titoli di proprietà industriale d’interesse, previa menzione degli elementi atti a identificarli, la data del titolo esecutivo sulla base del quale si procede, oltre alla somma per cui si procede (cit. Esecuzione Forzata e Processo Esecutivo, A. CRIVELLI, UTET GIURIDICA 2012).

 

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